STORIA

Ricordata in tutte le guide locali come il monumento più rappresentativo di Rufina, la Villa di Poggio Reale è altrimenti nota come Villa Pantellini, dal nome dei penultimi proprietari dell’edificio.
La sua storia si intreccia con le vicende di alcune nobili famiglie che ne ebbero il possesso. 
I primi furono i Mormorai, originari di Majano, appartenenti al popolo di Santa Croce a Firenze, che avevano proprietà nel popolo di San Pietro a Casi. Di questa famiglia rimane memoria nello stemma scolpito in uno dei portali del salone principale al piano terreno. Essi si occuparono di costruire l’edificio, scegliendo la sommità di un poggio che dominava i loro possedimenti terrieri, distribuiti lungo la riva sinistra della Sieve. Il luogo prescelto era ed è ancora particolarmente gradevole, non solo per la posizione dominante, ma perché la villa si trova immersa in un bosco di piante sempreverdi, fra le quali prevalgono i lecci. 
Probabilmente l’impianto iniziale era leggermente diverso nella parte centrale dell’edificio; al posto della loggetta e dei locali soprastanti, la facciata doveva risultare più arretrata, facendo emergere le due ali laterali come se fossero state due torri, quasi a ricordo delle abitazioni fortificate. L’ipotesi è resa credibile, non solo dall’analogia con modelli simili contemporanei, ma anche attraverso la diversità dei conci molto in rilievo che sottolineano questo corpo di fabbrica da terra fino alla gronda, i cui elementi sono per dimensione, materiale e stato di conservazione diversi da quelli contigui e dalla diversa fattura delle cornici delle finestre del piano superiore. All’interno inoltre si nota la presenza di aperture che fanno supporre la realizzazione più tarda del solaio.
La costruzione è stata realizzata senza risparmio di materiali, basti notare l’impiego della pietra nel cornicione massiccio, nella gronda con le mensole e le formelle finemente lavorate, nei conci angolari, nella balza, nelle cornici delle aperture, delle quali le più raffinate sono quelle del portale e delle due finestre inginocchiate laterali.
Internamente, il piano superiore doveva essere assai diverso da come si vede oggi, con un numero maggiore di stanze che si affacciavano su un ingresso centrale, come quelle del primo piano. Più anguste dovevano essere le soffitte. Il profilo architettonico dell’edificio e le ipotesi proposte sono state oggetto di riflessione in seguito al restauro concluso nel 1995 e vengono descritte nella relazione dell’architetto Cancellieri.
Della villa e della sua storia non sono mai stati fatti studi approfonditi che abbiano chiarito in maniera esaustiva i passaggi di proprietà, i cambiamenti nella struttura dell’edificio e neanche è stata formulata un’attribuzione del progetto a qualche architetto fiorentino.Nel corso del secolo XVII la Villa fu ristrutturata dai Berardi, eredi dei Mormorai, ma forse in modo più consistente dai Liccioli che, già proprietari terrieri della zona, acquistano l’edificio sul finire del secolo. Questa famiglia cambiò in un certo senso la destinazione della Villa, che fino allora era stata una residenza signorile di campagna, per farla diventare il luogo di feste e ricevimenti. Furono per questo eseguiti lavori di manutenzione e di ampliamento, realizzando al piano terreno un’elegante volta nel salone centrale, a discapito delle stanze del piano superiore, in corrispondenza del quale venne tamponato l’incasso della facciata per dare vita alla loggia voltata a crociera con tre arcate a tutto sesto. Probabilmente in quel periodo fu realizzato l’ingresso retrostante, furono riordinate le aperture e rinnovate le cornici in pietra delle finestre. Alla prima metà del secolo XIX nei sotterranei fu realizzata la grande cantina, in relazione all’investimento fatto dai proprietari nella viticoltura, fu poi edificato sul lato destro dell’edificio una cappella che conserva ancora una volta affrescata e alcune epigrafi in memoria della famiglia. In quell’occasione fu perfezionato il parco circostante.Nel 1891 i Liccioli vendettero la Villa alla signora Giuseppina Viglini, vedova del Commendatore Giuseppe Valsè Pantellini, industriale vinicolo piemontese, per poi passare alla famiglia dei Conti Spalletti Trivelli. Entrata nel patrimonio immobiliare dell’azienda vinicola Chianti Spalletti, e stata poi ceduta nel 1988 al Comune di Rufina a seguito di procedura di esproprio concordata.
In questo secolo sono stati eseguiti solo lavori di manutenzione, più consistenti negli anni ’30, con la realizzazione a fianco di un piccolo edificio adibito a limonaia. All’inizio degli anni ’90 sono stati demoliti i tini in cemento dell’ex tinaia, realizzata una guaina impermeabile e uno strato coibente sotto il tetto, e la realizzazione di un sistema di smaltimento delle acque piovane con canali e gronde di rame. Della Villa di Poggio Reale manca uno studio approfondito che ne delinei la storia in modo documentario e ne tracci un esatto profilo architettonico, tentandone una possibile attribuzione. La tradizione locale ritiene che il disegno originario sia stato realizzato da Michelangelo, in seguito alla somiglianza della gronda del tetto con alcune realizzazioni e disegni della sua scuola. Difficile e improbabile è però tentare questa attribuzione, che peraltro non trova alcun riferimento documentario. La Villa si presenta come una costruzione che rispetta pienamente la tradizione architettonica della villa suburbana cinquecentesca, trovandosi in posizione elevata, con molti muraglioni degradanti, la scalinata a tenaglia, l’impianto interno col salone centrale al piano terreno, dal quale partono le scale e su cui si aprono le altre stanze. Tuttavia gli elementi architettonici sono all’insegna di un’estrema sobrietà e in completa sintonia con il luogo prescelto, appartato e lontano dalla città e rivelano la mano di un architetto esperto e consapevole dei propri mezzi espressivi. Alcune ipotesi hanno fatto pensare all’intervento di Bernardo Buontalenti, le cui realizzazioni possono essere servite da modello a questa Villa. In realtà il Buontalenti lavorò quasi esclusivamente per la corte granducale e le sue architetture si connotano per un maggiore estro e una più spiccata fantasia che non ritroviamo in questo edificio caratterizzato da un’accentuata semplicità. Nella relazione dell’architetto Cancellieri si ipotizza l’intervento di Gherardo Silvani, architetto fiorentino, ultimo erede della tradizione rinascimentale, che ha operato all’inizio del secolo XVII e che potrebbe aver realizzato altre opere nella zona del Comune di Rufina. Avvalorando quest’ipotesi, la Villa potrebbe essere stata ristrutturata e perfezionata poco oltre la metà del sec. XVII, quando la proprietà era passata ai Berardi oppure riadattata alla fine del secolo stesso, quando l’acquisirono i Liccioli; in tal caso dovrebbe supporsi l’intervento di qualche allievo. In ogni modo questo monumento, l’unico antico presente nel paese di Rufina, che domina in maniera incontrastata l’abitato sottostante, mantiene viva la tradizione architettonica rinascimentale nella distribuzione dei volumi e nella scelta degli elementi che utilizza, mantenendo un equilibrio formale che genera addirittura un senso di calcolata freddezza. Data l’epoca in cui è stato realizzato e la sua ristrutturazione successiva, avvenuta probabilmente nel secolo stesso della sua costruzione, si presenta come una pregevole testimonianza dell’architettura fiorentina ormai oltre la sua fase di massima espressività.

PUBLICATIONS

 

Simone Squarzanti, For a history of the Villa Fattoria Poggio Reale in Val di Sieve, Polistampa, Florence, 2004

"This paper AIMS to reconstruct the historical events of the villa of Poggio Reale Rufina and holding That It Took its name.   Underlying this research is the consideration That the villa of Poggio Reale, in the heart of Val di Sieve, well Represents the historical and cultural identity of the region and Rufina wine That takes its name from the village: learn the origin and then investigate the events, in order to grasp the 'experience' of this territory and its community ...


Memory, monument, landscape: these are the core themes from Which We started, with an historical approach Essentially: it was Decided to treat them as a unit - also Given the close relationship between the one and the other - in order to favor the reading synthesis of On That analysis.

The work is divided into two parts Thus. In the first, in chronological system, we tried to identify the main phases of building the villa and training of the summer. In the second one you tried to focus on some historiographical issues of Particular interest emerging from archival material Relating to the farm of '900 '(the premise of the author).